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FINALMENTE L’OBBLIGO DELLE ETICHETTE SULL’ORIGINE DEL POMODORO

La sicurezza come informazione chiara per il consumatore. E’ stata questa una battaglia che tante associazioni e non solo, hanno condotto per la certezza sulla provenienza del pomodoro. La concorrenza della Cina e dei suoi concentrati ha reso ancora più urgente la necessità di rendere chiara la provenienza di un pomodoro in salsa. Il 26 agosto scorso è entrato a regime il decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. La norma, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, prevedeva 120 giorni di periodo transitorio prima dell’entrata in vigore. Il provvedimento introduce la sperimentazione per due anni del sistema di etichettatura, come la  norma già in vigore per i prodotti lattiero caseari, per la pasta e per il riso.
I prodotti Made in Italy ottenuti con pomodori coltivati e trasformati in Italia saranno riconoscibili sugli scaffali dalla dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno infatti avere d’ora in poi obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.

La  Coldiretti sostiene che si tratta di una  misura di trasparenza per produttori e consumatori che si attende già da molto tempo : dall’estero sono arrivati nel 2018 il 15% di derivati di pomodoro in più rispetto allo scorso anno . Si registra un’impennata straniera  di ben 86 milioni di chili provenienti nell’ordine da Stati Uniti, Spagna e Cina.

La nuova disposizione entra in vigore in concomitanza con la raccolta del pomodoro in Italia che quest’anno dovrebbe assicurare un raccolto attorno a 4.750.000 tonnellate, con una buona qualità in termini di gradi Brix, ovvero di contenuto zuccherino, ma rese all’ettaro sotto le medie degli ultimi anni. Si tratta di una attività che impegna in Italia una filiera di eccellenza del Made in Italy, che coinvolge circa 7.000 imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e 10.000 addetti, che esporta 2 miliardi di euro di derivati del pomodoro in tutto il mondo.

L’invasione cinese dell’industria del pomodoro ha toccato ormai livelli di esportazione altissima con rotte commerciali tra le più svariate. Il pomodoro arriva anche a Napoli e addirittura in treno: dalla stazione di Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang, per percorrere 10.500 chilometri e arrivare nella capitale della “pummarola” in 25 giorni. L’anno scorso la Cina ha portato in Italia l’equivalente di quasi due milioni di tonnellate di pomodoro fresco. Troppi. Questa normativa e la maggior attenzione dei consumatori potranno ora e ancora di più arginare l’ “oro rosso” cinese.

 

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