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SOLO CARNE DI QUALITA’: NO ALL’ ALLEVAMENTO INTENSIVO

La carne. Quella buona di molti appassionati che cercano ogni giorno un consumo sempre maggiore. Ma è di qualità? Cibodoro promuove eventi formativi sulla consapevolezza del consumo di carne, ma di quella che viene offerta rispettando il benessere degli animali. Dall’alimentazione all’allevamento. Non sposiamo di certo la carne da allevamento intensivo, ancora mal regolato a livello europeo e senza una definizione esatta: inquina con  emissioni  che se sembrano essere diminuite del 24% negli ultimi trent’anni, sono sempre alte per la salute dell’uomo e del pianeta. Le cause? L’alto numero dei capi, le modalità di allevamento, la produzione dei reflui zootecnici, le tecniche di riduzione delle emissioni di ammoniaca e l’uso dei fertilizzanti di sintesi (Indagine ISPRA).

L’allevamento intensivo con animali bovini mai allo stato semi brado o brado, non offre una sicurezza sul benessere dell’animale e quindi sulla carne che mangiamo. Ma è causa di vari rischi come quello dell’aumento di malattie che potrebbero essere trasmesse all’uomo (vedi aviaria e peste suina). Pare certo ormai che se non si interviene in modo deciso, il salto della specie potrà avvenire con gravi conseguenze. In questi giorni è deceduto  in USA un paziente contagiato dopo anni di stragi di pollame legate alla diffusione del virus. E l’allarme riguarda i bovini e sul latte. Si contano oltre 700 allevamenti in diversi Stati dove è presente il virus anche se per ora sono da escludere rischi di passaggio del virus fra gli esseri umani.

La sicurezza passa quindi da animali allevati allo stato brado o semi brado con allevatori che raccontano la storia dei loro pochi capi, seguiti con passione e senza ricorrere a interventi tipici degli allevamenti intensivi. I bovini devono brucare l’erba e non ingoiare cereali in una stalla fissa (Pollan) a favore invece di una una filiera etica e controllata, senza antibiotici. Solo pascolo e amore.  Il bovino. deve essere allevato in modo estensivo garantendo la salute e libertà degli animali . L’uso e abuso dell’intensivo ha prodotto storie note e orrende come l’eliminazione di milioni di capi bovini con la “mucca pazza” che non vogliamo di certo rivedere. Ma forse è stato un male necessario azzarderei, perché permise l’uscita di molte verità, di cui già si poteva intuire il rischio da molti anni prima con centinaia di bovini deceduti al giorno in Gran Bretagna.

L’esperienza deve aiutare il consumatore a cercare carni di qualità, che non è una parola generica, ma che rifiuta  le parti peggiori della carne di produzione industriale. Quella che  nacque in America quando negli Anni Cinquanta il Segretario USA all’Agricoltura Ezra Taft Benson diede ai contadini americani un ultimatum, il famoso slogan «Get big or get out»: ingranditevi o andatevene. Piogge di dollari e clemenza nei confronti di chi non osservava certe regole, con mucche imbottite di antibiotici e farmaci. E questi allevamenti hanno creato un’offerta che ha trovato una domanda come quella dei fast food.

Oggi l’hamburger, sta cercando di evolvere con una parvenza di qualità argomentata nella pubblicità con “testimonial di grido”, ma di certo l’approvvigionamento della carne deriva da enormi aziende che lavorano in un certo modo e a livello industriale. E il consumatore non conosce quello che sta mangiando, anzi: sembra che oggi non lo voglia proprio sapere, considerando i numeri  che registrano i fast food che rappresentano il 19% del segmento della ristorazione. E sempre in crescita.

Per difendere la salute e il buon mangiare, il consumatore, immerso in una globalizzazione dei prodotti troppo industriale, troppo processata e troppo sconosciuta, deve conoscere e sapere, senza accontentarsi.

 

 

 

 

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