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undici extravergine non sono all’altezza del nome che portano

Non tutti gli oli extravergine d’oliva del nostro test sono stati promossi. Su 30 messi alla prova, in undici sono stati riscontrati difetti legati alla qualità organolettica (aroma, gusto…), tali da impedirne la classificazione come extravergine.

Non c’è nessun problema dal punto di vista della sicurezza, e forse un consumatore non esperto non si accorgerebbe della differenza: ma a livello merceologico non è corretto, perché si vende qualcosa che non ha le caratteristiche che afferma di avere. A dirlo sono i risultati della prova di assaggio, che non è una semplice degustazione per virtuosi intenditori, ma una prova obbligatoria e codificata dalla legge, svolta da esperti secondo modalità ben definite, che classifica l’extravergine come tale.

Una prova effettivamente controversa: da quando è stata imposta, è stata accusata di essere un parametro soggettivo e c’è chi sostiene che sia errato considerarla discriminante nella classificazione dell’olio. Ma questo è quanto impone oggi (e da trent’anni) la legge e, dunque, accanto ad altri elementi che permettono di valutare la reale qualità dell’olio di oliva, come le analisi di laboratorio, anche per il nostro test consideriamo fondamentale l’assaggio.

L’olio nelle prove di laboratorio

Un olio extravergine deve rispettare una serie di parametri chimici previsti dalla legge e non deve avere difetti organolettici, ovvero di gusto e aroma.

Ogni anno il mercato dell’olio movimenta cifre da capogiro (la produzione mondiale di olio di oliva nella campagna 2020/2021 è stata di 3.197.000 tonnellate) e, non è difficile immaginarlo, attira gli interessi delle agromafie, con il rischio di truffe. Normale, dunque, che la legge tuteli uno dei pilastri della nostra economia agroalimentare, prevedendo per l’olio un elevato numero di prove di laboratorio.

Ne abbiamo fatte anche noi. Con una serie di analisi chimiche – dall’analisi spettrofotometrica, che consente di individuare la presenza di oli raffinati, alla ricerca di composti che segnalano la presenza di oli ottenuti con solventi, fino alla verifica della composizione in acidi grassi e steroli, che può aiutare ad individuare l’aggiunta di oli estranei come quelli di semi – abbiamo indagato sull’eventuale presenza di oli diversi nei 30 campioni. Tutti sono risultati conformi. In laboratorio abbiamo valutato anche l’acidità, che negli oli del test varia tra 0,1 e 0,3%: i giudizi in tabella sono tutti buoni e ottimi (con un solo olio che fa eccezione perché il tenore si avvicina a quello massimo consentito dalla legge). Bene anche i pesticidi, per tutti sotto controllo: abbiamo trovato residui di fitofarmaci in 11 campioni, di cui nessuno biologico, ma tutti molto al di sotto del limite di legge. La maggior parte degli oli ha un giudizio buono sulla conservazione.

L’assaggio dell’olio è stabilito dalla legge

Non è andata altrettanto bene la prova di assaggio. Per comprenderla bene, serve fare una premessa. Per essere definito extravergine (durante tutta la sua vita commerciale) un olio, per legge, deve superare la prova di assaggio: l’attribuzione di anche un solo difetto da parte degli assaggiatori ufficiali può decretare un declassamento dalla categoria “extravergine” a quella inferiore di “vergine”.

Ma chi sono gli assaggiatori (i cosiddetti panel) che possono effettuare questa prova? Il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali distingue due categorie di assaggiatori: quelli “ufficiali”, a cui le autorità nazionali affidano i controlli sulla qualità dell’olio, e quelli “professionali”, istituiti da associazioni di imprese, da enti locali e dalle Camere di commercio.

Per giudicare i 30 oli ci siamo affidati a un panel di assaggiatori riconosciuto dal Ministero come ufficiale. Dopo avere eseguito la prima prova i giudici hanno riscontrato in alcuni oli dei difetti che ne impedivano la classificazione come extravergine. Come previsto dalla legge, se un olio non ha le caratteristiche per essere definito extravergine dopo il primo test di assaggio, deve essere sottoposto ad altre prove: così abbiamo fatto, facendo assaggiare gli oli bocciati a un secondo panel internazionale riconosciuto dal Consiglio oleicolo internazionale. Gli oli che hanno fallito anche questo test sono stati classificati come “vergini”. Quelli che hanno superato la seconda prova, invece, sono stati ritestati una terza volta da un altro panel (sempre riconosciuto dalle autorità nazionali).

Vergine non è extravergine

Per gli 11 prodotti che si trovano in fondo alla nostra classifica, i risultati di almeno due prove di assaggio hanno confermato la presenza di difetti che non consentirebbero di classificarli come olio extravergine, bensì come vergine. Ma che tipo di olio è il “vergine”? La normativa europea distingue olio di oliva, vergine, ed extravergine.

L’extravergine è quello di categoria superiore, contraddistinto da aroma e sapore intensi; il “vergine” ha caratteristiche di odore e sapore inferiori: non viene commercializzato da solo, ma si usa miscelato all’olio di oliva raffinato per fare l’olio definito “di oliva”.

Le nostre prove sono state svolte su bottiglie acquistate nei punti vendita: i difetti potrebbero essere presenti fin dal principio o derivare da una scorretta conservazione del prodotto in fase distributiva: purtroppo non si può sapere. Resta il fatto che, al momento dell’acquisto, dalle nostre prove è risultato che i prodotti in questione non avevano le caratteristiche per potersi definire extravergine.

Sull’olio prove e risultati solidi

Ogni volta che affrontiamo un test comparativo di qualsiasi genere inviamo i risultati delle nostre prove ai produttori. Spesso nascono confronti molto utili e i nostri test diventano lo spunto per migliorare un prodotto; altre volte i produttori non concordano con i nostri dati e le relative conclusioni. Alcuni dei produttori degli 11 oli risultati dalle nostre prove sensoriali “vergini” anziché “extravergini” ci hanno inviato i risultati positivi delle prove affidate a laboratori scelti da loro. Dalla documentazione inviata dalle aziende risulta che la qualità “extravergine” in etichetta corrisponde agli esiti delle prove da essi effettuate. Nessuna volontà di vendere ai consumatori un olio per un altro, quindi. Questo però non smentisce i risultati delle nostre prove, che sono state effettuate da panel ufficiali riconosciuti dalle autorità, nazionali e internazionali

(Altroconsumo)

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