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LO SCANDALO DEL SAN DANIELE E DEI PRODOTTI DI QUALITA’

E’ da pochi giorni lo scandalo che ha colpito il prosciutto San Daniele. I numeri parlano chiaro: 103 indagati e 270mila salumi sequestrati. Numeri che ledono la sicurezza di molti consumatori che acquistano il prosciutto di alta qualità. Ricordiamo che sotto inchiesta sono finiti responsabili e impiegati del macello di Aviano, allevatori, prosciuttifici, ispettori del Consorzio di tutela. Sedici posizioni segnalate ad altre procure. La Procura ipotizza anche truffe per ottenere un contributo previsto dal piano di sviluppo rurale della Comunità europea di 400mila euro, e per incassare ulteriori contributo per 520mila euro. Sono notizie che non fanno bene all’Italia. Spesso si fanno campagne per difendere il “Made in Italy”, ma poi si leggono simili fatti.

Un peccato. Il prosciutto San Daniele registra 3.927 allevatori, 116 macelli, 550 addetti e 31 stabilimenti produttivi ed  è al secondo posto tra le carni italiane Dop, rappresenta il 22,5% della produzione annua di prosciutti DOP italiani, e il 13,7% della produzione di prosciutto crudo a totale Italia. Ogni anno  circa tre milioni di cosce di suino sono lavorate secondo un rigido disciplinare di produzione volto a tutelare la qualità e le caratteristiche organolettiche di un prodotto che vale 65 milioni di euro di esportazioni in particolare in Francia, Germania, USA, Belgio e Australia che, complessivamente, rappresentano il 70% del suo mercato internazionale. La Coldiretti auspica una veloce conclusione delle indagine per togliere ogni dubbio e rasserenare i consumatori. Purtroppo è sempre il consumatore che ci rimette. Non gli è dato capire prima se il prodotto è effettivamente quello che compre. Non è facile riconoscerlo. Questo nonostante la facilità di riconoscere un San Daniele come riporta il sito ufficiale omonimo. Non è soltanto la forma iconica a chitarra che dà la certezza, ma ci vorrebbero informazioni dettagliate dal momento della macellazione del suino. Un prodotto non va riconosciuto per la sua forma, ma nella sostanza potendo leggere chiaramente tutte le informazioni ancora non previste dalla legge. E così capita che in assenza di questo grandi marchi si trovano sotto inchiesta. E’ stato così anche per il prosciutto di Parma. E il sistema che è sotto indagine durava da dieci anni. E’ necessaria per i consumatori una informazione certa su tutta la filiera, l’alimentazione degli animali, le razze utilizzate. Per il prosciutto San Daniele infatti sono stati immessi in commercio prosciutti a denominazione protetta San Daniele che non potevano fregiarsi di tale denominazione perché tratti da suini allevati e macellati in violazione di molteplici parametri previsti dal disciplinare di produzione. Nello specifico o erano appartenenti ad una genetica non ammessa (il Duroc danese) o alimentati con prodotti non ammessi (scarti della produzione industriale del pane, della pasta, della pizza, dell’industria dolciaria) o macellati prima dell’età minima prevista; anche il peso medio vivo per partita era superiore al massimo ammesso.

E’ importante sapere e conoscere bene tutta la filiera che produce un prodotto. Soprattutto per quelle di qualità. Quella qualità tanto decantata a volte da chi invece produce con sotterfugi o scappatoie . Il consumo consapevole di un alimento dovrebbe portare il consumatore a richiedere al banco tutte le informazioni possibili non previste dalla legge. Invitiamo i consumatori a verificare per esempio i marchi di origine sulla cotica del prosciutto. Ricordiamo come anni fa uscì lo scandalo del “Parma” con marchi di produzione tedesca. Osservare e chiedere senza esitazione è l strumento che abbiamo per un acquisto più consapevole e non condizionato dalla pubblicità o dai marchi.

 

 

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